“In Europa sono venduti 3,3 milioni di magliette l’anno. Ma cosa succederebbe se riuscissimo ad allungare la loro vita e a ridurre la produzione del 30%? Secondo uno studio del 2022, questo potrebbe portare a una riduzione di 6,7 milioni tonnellate di CO2 equivalenti di emissioni in un anno. Inoltre, se le magliette di cotone, e solo quelle, fossero realizzate con il 50% di cotone riciclato, potremmo risparmiare 560 milioni di metri cubi di acqua e 600mila tonnellate di cotone vergine. Queste stime evidenziano l’impatto dell’ecodesign nel settore tessile”.
Ne ha parlato Claudia Brunori, direttrice del Dipartimento sostenibilità sistemi produttivi e territoriali di Enea, alla sesta Conferenza nazionale sull’economia circolare organizzata a Roma da Fondazione per lo sviluppo sostenibile. Brunori ha discusso delle nuove regole e delle prospettive per l’ecodesign, partendo dal nuovo regolamento approvato dal Parlamento europeo il 23 aprile 2024 (atteso ora il voto del Consiglio Ue): “L’ecodesign ha il più grande potenziale in assoluto per promuovere la transizione circolare. E Il regolamento darà sicuramente un forte impulso così come tutte le altre direttive del pacchetto di iniziative connesse”.
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Regolamento ecodesign, arriva il passaporto digitale di prodotto
“Rispetto alla direttiva esistente, il nuovo regolamento si applicherà a una vasta gamma di prodotti, ad eccezione degli alimenti e dei medicinali. Tutti i prodotti immessi nel mercato europeo dovranno rispettare requisiti di ecocompatibilità e circolarità. Questo implica durabilità, affidabilità, riusabilità, aggiornabilità, riparabilità e l’uso di materiali riciclati e altro ancora. Ciò richiederà uno sforzo considerevole da parte dei produttori e degli importatori”.
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“Una novità importante riguarda le informazioni che accompagneranno i prodotti. Ogni prodotto dovrà avere un passaporto digitale contenente informazioni utili per gli utilizzatori e per la gestione del fine vita. Queste informazioni saranno accessibili tramite un portale web pubblico e comprensibili per tutti.”
Gli impatti oltre l’ambiente “Sebbene non ci siano stime complessive sull’impatto economico, è chiaro che il regolamento favorirà l’utilizzo circolare dei materiali, riducendo la dipendenza dalle importazioni e aumentando la resilienza al contesto geopolitico internazionale. Si prevedono poi benefici per le imprese: in un sistema virtuoso dovrebbero veder ridotto il costo dei materiali da acquistare e l’aumento in termini di competitività. Se il mercato prevede che sia questa condizione per tutti i prodotti, i primi che riusciranno ad ottemperare potranno aver avere un vantaggio competitivo. Vantaggi anche per i consumatori che avranno accesso a prodotti di migliore qualità e durevoli, con informazioni trasparenti per fare scelte consapevoli“.
Eco-progettazione, a che punto siamo in Italia
“E l’Italia? L’Italia ha una serie di strumenti a supporto e le imprese mostrano una certa vivacità, dimostrando di essere pronte al cambiamento, anche per intercettare opportunità di competitività e di resilienza rispetto al contesto globale”.
Da un’indagine emerge che c’è già una grossa percentuale di imprese che fa eco-innovazione: il 53% si concentra sull’innovazione incrementale, quindi su processi e prodotti già innovativi, mentre il 39% sta completamente ripensando prodotti e cicli produttivi. “Il campione delle imprese intervistate fa parte della piattaforma italiana degli attori per l’economia circolare, quindi sono sicuramente aziende più attente al tema, ma il dato è comunque significativo”.
Nel 2025 intanto scadono gli obiettivi che si era data l’Italia. “Sicuramente per non perdere questo treno serviranno ulteriori strumenti e iniziative che dovranno riguardare tutti gli attori della catena di valore: le aziende, i produttori ma anche i consumatori”.
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