“Nel Lazio quantità di litio doppia rispetto all’America”. Parla il geologo Fiorenzo Fumanti (Ispra)

“Nel Lazio quantità di litio doppia rispetto all’America”. Parla il geologo Fiorenzo Fumanti (Ispra)

“Nel Lazio quantitativi di litio che sono il doppio di quelli che si trovano in America ed in altre parti del mondo”. Lo ha dichiarato il geologo Fiorenzo Fumanti di Ispra alla presentazione del database minerario Gemma”. In una delle zone con ricerche in corso si arriva a concentrazioni superiori a 380 grammi/litro di litio, contro i 200 grammi/litro dell’area di Salton Sea in California, dove gli Stati Uniti stanno investendo tantissimo.

Il database Gemma (acronimo di Geologico, Minerario, Museale e Ambientale) è stato presentato nei giorni scorsi presso l’Istituto per la Protezione e la Ricerca Ambientale. “Il litio è tra le materie critiche strategiche perché fondamentale per la transizione energetica e green del nostro Paese”, ha spiegato la direttrice di Ispra, Maria Siclari.

Il litio trova la sua applicazione principale nella produzione di batterie per i veicoli elettrici e di tutto ciò che è elettronica: telefonini, droni. “La domanda di queste materie critiche è arrivata a livelli mai pensati prima”. E crescerà ancora nei prossimi anni. “Si stima che al 2030 in Europa la domanda di litio e quella di cobalto saranno maggiori, rispettivamente, di 18 volte e di 5 volte rispetto ai livelli attuali. Nel 2050, questo fabbisogno crescerà a 60 volte più litio e 15 volte più cobalto”.

Lazio litio
Mappa dei siti minerari italiani

La direttrice di Ispra: “Il litio è fondamentale per la transizione energetica e green”

Al momento, sono tre le richieste di permessi di ricerca arrivate alla Regione Lazio che interessano la Tuscia: una estesa su 5100 ettari intorno alla città di Viterbo denominata Ferento, da parte dell’australiana Altamin; una vicino al lago di Bolsena, inviata da Enel Green Power (6400 ettari); e un’altra a Nepi, a cavallo con il comune di Campagnano, sempre di Altamin (1213 ettari). Altre richieste riguardano il territorio a nord di Roma, intorno al lago di Bracciano.

Maria Siclari, direttore generale di Ispra

Non è una sorpresa la presenza di litio nel Lazio e in particolare nella Tuscia. Si trova nei fluidi geotermici. Emerse nell’ambito di vecchie campagne di ricerca geotermica. “Ma allora il litio non era ritenuto utile”, spiega il geologo Fumanti. Fino a poco tempo trovava applicazione principalmente nell’industria del vetro, della ceramica, della metallurgia e in medicina. Ma certo non aveva l’importanza e la diffusione attuale. “Anzi, la presenza del litio rappresentava un problema: meno ce n’era e meglio era. Quei fluidi infatti non si potevano sfruttare dal punto di vista geotermico perché la loro ipersalinità avrebbe danneggiato gli impianti”.

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“Perché estrarre il litio dai fluidi geotermici è meno impattante sull’ambiente”

Un vantaggio è che questi quantitativi di litio “probabilmente sono recuperabili con un impatto ambientale decisamente ridotto rispetto ai metodi tradizionali. Non si parla di prelevare il litio da rocce come in miniera, né di creare delle aree evaporative come quelle nelle Ande, da noi improbabili”. La procedura è più semplice: “pompare le acque dal sottosuolo, filtrare i materiali che servono e ri-immettere i fluidi nella stessa falda”.

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Fiorenzo Fumanti, geologo di Ispra

Litio nel Lazio: Fumanti spiega comunque che siamo in una fase molto preliminare dei progetti. Delle tre richieste che toccano la Tuscia, solo quella di Nepi (“Campagnano”) risulta autorizzata e solo per le ricerche bibliografiche. Per eventuali perforazioni esplorative servirebbero successive richieste di autorizzazione e di verifica di assoggettabilità a valutazione di Impatto ambientale . Prima vanno stabiliti i quantitativi e verificato che il litio sia economicamente coltivabile. “Solo allora si passerebbe alla valutazione ambientale per il rilascio di un’eventuale concessione mineraria. Una valutazione molto attenta, anche considerando la sensibilità della zona dal punto di vista geologico, sociale e ambientale. Non siamo in un deserto”.

Simone Lupino